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Partenza dall'albergo alle 5.30 per prendere l'aereo delle 7.30 da Quito per Coca. Pratiche di imbarco velocissime, poi annuncio ritardo a tempo indeterminato del nostro volo causa maltempo.... invece poi l'aereo decolla puntuale!
La città in realtà si chiama Puerto Francisco de Orellana, ma in pratica tutti la chiamano Coca. Coca è il nome del fiume che qui si immette nel Napo; Orellana, lo scopritore del Rio delle Amazzoni, da Quito tramite il Coca raggiunse il Napo e poi il Rio delle Amazzoni che discese fino all'Atlantico.
In aereoporto ci accoglie la nostra guida Javier, indio purosangue. Ci sono solo altri due clienti, una coppia di svedesi vecchiotti. Imbarco su canoa a motore velocissima per discendere il Napo, con tempo nuvoloso che poi schiarisce.
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Qui siamo in canoa sul Napo, intorno la foresta
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Dopo circa 3 ore di navigazione sbarchiamo e, a piedi, in circa 20 minuti, arriviamo a un corso d'acqua dove ci attende una canoa a remi.
Alla pagaia c'è il vice della guida Javier, che si chiama anche lui Javier
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Percorrendo canali suggestivi
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immersi nella vegetazione
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arriviamo fino alla laguna
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dove sorge il Sani Lodge
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con tutti i suoi ospiti che si rilassano
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La laguna si chiama Challuacocha che vuol dire laguna di pesciolini o dei girini. A partire dal pomeriggio e poi nei prossimi giorni faremo giri a piedi nella foresta, uno di mattina, uno di pomeriggio e uno di notte.
Fa abbastanza caldo, ma non in modo eccessivo, e di notte la temperatura è molto gradevole, sa stai fermo.
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Sofia, un uccello trombettiere del genere Psophia, è la mascotte del campo.
E' sempre tra i piedi
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Un elegante coleottero Erotylidae passeggia sulla veranda del nostro bungalow.
Lo salutiamo e partiamo per la prima passegiata nella foresta
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Javier Gualinga, la nostra guida, gentile e molto competente, è specializzato in discipline ambientali negli Stati Uniti.
Sani Lodge è gestito dalla comunità Kichwa di Sani Isla, che ha sede in un piccolo villaggio sul fiume Napo non molto lontano dal lodge.
Javier, come anche tutto il personale del lodge, appartiene alla comunità, le cui risorse, oltre al turismo, consistono nell'artigianato, nella piccola agricoltura e nella raccolta dei frutti della selva.
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Fiore sconosciuto
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un bel formicone
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un curioso emittero con i calzoni da cow boy
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Incontriamo i primi giganti della foresta
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coperti di rampicanti
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albero in punta di piedi
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una formica trasporta il suo uovo
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Un bel fungo che ricorda i nostri funghi del genere Phallus
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Allobates insperatus o forse Allobates trilineatus.
Gli anfibi e i rettili che ho fotografato sono stati identificati grazie al gentile aiuto della dottoressa Yerka Sagredo, erpetologa all'università di Quito. Ho cercato su internet per vedere che tipa era ed ecco che cosa ho trovato!
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credo che sia una parente dello zenzero
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Un strana chiocciola appiattita
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La cashapona, una palma del genere Socratea è detta la palma che cammina. Si dice che le lunghe radici permettano alla pianta di spostarsi per allontanarsi da tronchi caduti o altre fonti di danno. In realtà la palma non cammina ma le lunghe radici, allungandosi in modo diverso, le permettono di modificare la inclinazione o di spostare leggermente il fusto per sfruttate al meglio la luce
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Pristimantis lanthanites, una graziosa ranocchietta arborea
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un lucidissimo coleottero scarabeide passeggia sulle foglie
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Dopo la camminata nella foresta torniamo al lodge dove troviamo le solite tartarughe (Podocnemis) che si crogiolano al sole del tramonto
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Dopo cena partiamo per una escursione notturna nella foresta. Di notte la foresta dà il meglio di sé e ad ogni passo si scoprono animali affascinanti (grazie soprattutto all'occhio esercitato della nostra guida).
Ecco un amblipigio, detto il ragno scorpione, che non è nè un ragno nè uno scorpione
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un oplionide che sembra fatto di fili di ferro (potrebbe essere Leiobunum aldrichi)
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con la sua coppia di occhietti neri che spunta come un periscopio
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si incontrano ragni ad ogni passo
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e ancora ragni
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mentre sul terreno coperto di foglie passeggiano elegantissimi millepiedi
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sui caspugli cavallette
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di tutti i colori. Qui si chiamano saltamontes
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Un ranocchietta (Dendropsophus triangulum) che ci mostra le terga
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un topino marsupiale Marmosa
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dall'aria sveglia e ferocissima
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ancora cavallette
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questi opilionidi variopinti, con i loro cornetti sul sedere e i vistosi chelicerim sono molto comuni
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questo ha catturato qualcosa da mangiare
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Altra ranocchietta sulle foglie (anche questa del genere Pristimantis)
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ci sono insetti stecco di tutte le forme e misure
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un grosso ragno cacciatore, probabilmente uno sparasside
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cavalletta mascherata da foglia
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una grossa cavalletta del genere Panoploscelis
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i coleotteri erotilidi sono comuni
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Una Planaria. Da noi le planarie sono animali acquatici, ma qui, vista l'umidità costante del terreno coperto di detriti vegetali, passeggiano al suolo. Sono predatori di diversi invertebrati: aderiscono alla preda e poi la digeriscono e la succhiano con la loro faringe estroflettibile (morte orribile!).
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Una deliziosa piccola iguana (Enyalioides laticeps)
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Un manachino dalla corona azzurra (Blue crowned manakin Lepidotrix coronata )
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Un insetto stecco pieno di spine, così assomiglia a un bastoncello spinoso
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di notte nella forsta a ogni passo si incontra una novità
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Una lucertola dall'aria pensierosa (Anolis fuscoauratus, femmina)
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Una grossa falena
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un bel ragno (spero che non siate aracnofobi, a me i ragni piacciono molto)
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Uno dei più grossi ragni amazzonici, la tarantola Avicularia, grande come una mano. Non è molto velenoso ma le setole di cui è coperto sono irritanti, inoltre in caso di minaccia si può difendere con uno spruzzo di escrementi che sa dirigere con precisione e che raggiunge più di un metro di distanza. Il nome Avicularia si riferisce alla diceria che questo ragno catturerebbe uccelli per nutrirsene.
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Un elegante emittero colorato del genere Runibia
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Al mattino presto, con la laguna ancora velata dalla nebbia, partiamo in canoa per un nuovo giro nella foresta
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Javier tra una pagaiata e l'altra ci racconta e ci istruisce. Parla perfettamente l'inglese, ma, visto che ci siamo solo noi, parliamo in spagnolo.
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sugli alberi intorno alla laguna incontriamo molti uccelli: uno shansho o hoatzìn (Opisthocomus hoazin)
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Lo scricciolo mimo (Donacobius atricapilla)
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Una coppia di Donacobius che mostrano le penne bianche della coda
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Un piccolo airone, la Garza tamquita (Butorides striatus)
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ci addentriamo in canoa tra la vegetazione
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Lasciata la canoa, percorriamo un sentiero che ci porta a un gigantesco albero di ceiba (parente del baobab) su cui si arrampica una scaletta metallica...
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...fino a raggiungere la chioma, a circa 45 metri di altezza.
Da qui si domina la foresta e ci si affaccia sulla canopy, il mondo meraviglioso della volta dei grandi alberi,
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c'è anche il parafulmine... non vorrei trovarmi qui in cima con un temporale
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in cima strani fiori
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Sui rami fioriscono molte orchidee
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Credo che sia un fiore di bromeliacea
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Non sembra, visto che si mimetizza, ma è un grosso uccello, il Potoo (Nyctibius grandis), cacciatore notturno. Ora dorme. Ne abbiamo visti spesso, sempre addormentati e sempre di spalle!
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la nostra ceiba domina la maggior parte degli altri colossi
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riscendendo lungo la scaletta scorgiamo una grossa Avicularia che cerca di nascondersi tra le foglie di una aloe
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Un grazioso rospetto con il naso appuntito (Rhinella margaritifera). Il nome generico Rhinella si riferisce al naso appuntito, mentre margaritifera in latino significa "portatrice di perle", per le escrescenze cutanee brillantemente colorate (... che poi sembri coperta di perle mi sembra discutibile)
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carino anche visto di profilo
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rientriamo verso la laguna
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Lo shansho (Opistocomus hoazin) è un uccello interressante: grande come un pollo, si nutre di foglie che può assimilare grazie a un apparato digerente simile a quello dei ruminanti, dove una abbondante flora batterica digerisce la cellulosa generando prodotti assimilabili (in compenso produce anche gas di fermentazione dotati di un pessimo odore)
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Capita molto spesso di vedere farfalle posate sulla testa delle tartarughe. Gli insetti sono attratti dalle lacrime delle tartarughe, ricche di sali di sodio, e non da un amore illecito
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verso il lodge con il temporale che si prepara
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una mantide lichene, forse del genere Liturgusa
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Il nostro confortevole bungalow confina con la foresta impenetrabile
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Un hoazin sotto la pioggia: questo uccello ha una bruttissima voce, sembra l'ansimare di un cane rauco, forse perche sta sempre sotto la pioggia
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Finito l'acquazzone usciamo per un altro giro.
Un caimano si mimetizza nella vegetazione
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Un Martin pescatore aspetta il pranzo
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Non so proprio che pianta sia
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Spesso le radici degli alberi hanno una colorazione rossa, che sembra sia dovuta ai sali di ferro assorbiti dal terreno.
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una bella ranocchietta
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Probabilmente un Barydesmus o qualche specie simile
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Una lucidissima testuggine terrrestre ci taglia la strada, sembra verniciata con il coppale
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Questa pianta attraente è un ortica (ortiga brava, Urera baccifera), le sue punture sono molto fastidiose
Gli indigeni usano frizioni con questa pianta (chissà che male!) contro i reumatismi, le artriti, come diuretico e antimalarico e nel trattamento di molte altre patologie.
In europa la comune ortica viene usata allo stesso modo nella medicina tradizionale (noi ci facciamo anche il minestrone, ma la nostra guida non conosceva questo uso)
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Alcuni tronchi sono completamente avvolti dai fiori dell'ortica
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Rientriamo al campo accolti da Sofia
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Al mattino in canoa per raggiungere il fiume Napo, intanto incontriamo un caimano che si specchia nell'acqua.
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Lungo il Napo i bambini aspettano la barca che li deve portare a scuola: alle loro spalle incombe la foresta... mi immagino le raccomandazioni delle mamme: non parlare con gli sconosciuti e non infastidire i giaguari!
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I pappagalli, come molti altri animali della foresta, sono ghiotti di argilla e, a orari fissi, si radunano in gruppi numerosissimi sulle scarpate lungo il fiume: l'argilla fornisce loro sali indispensabili e funziona come adsorbente intestinale per eliminare le sostanze tossiche che possono assumere con la loro alimentazione a base di vegetali.
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una coppia di scimmie lanose
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scimmia cappuccina
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Siamo invitati a visitare Sani Isla, il principale villaggio della comunità di indigeni che abita questa zona e che ne gestisce il turismo.
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Il principale prodotto della loro agricoltura è il cacao (Theobroma cacao)
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la lavorazione delle fave del cacao: prima vengono fatte fermentare in casse chiuse
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e poi fatte asciugare all'aria sotto la stretta sorveglianza di un addetto attentissimo
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Coltivano anche una specie affine, Theobroma bicolor
Il frutto, chiamato pataste ( dall' originario nome maya "pataxte" ), è molto simile a quello del cacao, però con la scorza verde e molto dura al cui interno è contenuta una polpa zuccherina che circonda i semi (chiamati fave, come quelli del cacao). Vengono consumati sia la polpa, commestibile cruda o cotta, sia i semi che vengono mangiati una volta tostati (ma confesso che il sapore non è un gran che).
Pare che gli antichi Maya ottenessero il cioccolato dal pataste prima che dal cacao, pianta che è originaria dell'Amazzonia e si diffuse solo successivamente, ed era considerata la bevanda degli Dei per la sua più pregiata qualità (Theobroma significa in greco "cibo degli dei").
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si coltiva anche qualche Ananas
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Una pianta molto coltivata è il Palmito, che produce i deliziosi cuori di palma da mangiare in insalata.
Da noi si trovano in scatola, e sono una porcheria: freschi sono ottimi
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La Yuca (Manihot esculenta), detta anche manioca, tapioca, o cassava (da non confondere con la yucca, pianta ornamentale), è un alimento importante e molto diffuso. Si mangia bollita o fritta (buonissima!), come le patate.
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In molte zone del sud-america si consumano delle bevande, chiamate chicha, che in genere sono una specie di birra.
Quella più diffusa è la chicha de jora, alcolica, ottenuta dal mais (jora è il mais germinato).
La chicha morada viene dal mais nero e non è alcolica (secondo me è la più buona)
Questi invece sono gli ingredienti per fare la chicha de yuca:
yuca triturata e bollita, con aggiunta di patata dolce. La patata dolce è ricca dell'enzima amilasi, che trasforma l'amido della yuca in glucosio che poi fermenta
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Questo vassoio di legno serve per pestare la yuca
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e questo è il risultato: torbido, leggermente alcolico e un po' sgradevole (vicino c'è un pezzo di parata dolce usato per la ricetta).
In molte tribu amazzoniche si prepara la "chicha de juca mastigada". In questo caso non si aggiunge la patata dolce e la indispensabile trasformazione dell'amido in glucosio si ottiene grazie all'enzima amilasi della saliva: la yuca bollita viene masticata e poi sputata nel recipiente dove potrà fermentare.
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Il villaggio è pieno di bambini.
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Intanto i nostri opsiti ci preparano il pranzo
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cuocendo sulla brace banane verdi (platano), yuca, pesce (tilapia) al cartoccio, semi di pataste
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e soprattutto il manicaretto migliore: appetitosi spiedini di suri
I suri sono le larve di un coleottero curculionide parassita delle palme (Rhynchophorus palmarum), quasi identico a quella specie esotica che parassita le palme dalle nostre parti (Rhynchophorus ferrugineus).
Se anche noi lo mangiassimo potremmo forse risolvere il problema della distuzione delle nostre palme.
Comunque sono davvero buoni!
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Bello cicciotto, In attesa di essere messo allo spiedo!
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Herrania balaensis, parente del cacao
Il frutto contiene grossi semi che si mangiano tostati
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E questo è il mostruoso fiore della Herrania |
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Altro prodotto dell'orto del villaggio sono questi grossi frutti, di cui non so il nome
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Che si usano per fare tazze e altri recipienti
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una bella cavalletta nell'orto del villaggio
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Una piccola blatta è ospite del nostro bungalow
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In canoa nei canali che giungono alla laguna
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A spasso nel bosco
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Incontriamo un curioso nido di formiche
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Nell'escursione di oggi il percorso in canoa ci porta in posti molto suggestivi
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E ci infiliamo in stretti canali
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e in vere gallerie nella vegetazione
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Scesi a terra incontriamo un grosso coleottero tenebrionide (Taphrosoma dohrni) che banchetta su un fungo
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raggiungiamo un albero colossale
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visto da vicino è davvero impressionante per le sue dimensioni e per le immense radici a vela
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guardare verso l'alto lascia senza fiato
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Giacinti d'acqua (Eichhornia)
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i nidi dell'oropendola
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una passiflora bianca mai vista prima
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Con il suo fiore che secondo alcuni fanatici mostrerebbe i simboli della passione di cristo:
la corona di filamenti colorati che circonda l'ovario rappresenta la corona di spine; i 5 stami, le 5 ferite di Gesù; i 3 stigmi, i 3 chiodi; i 5 petali ed i 5 sepali gli apostoli rimasti fedeli a Gesù; l'androginoforo la colonna della flagellazione ed i viticci i flagelli.... più morbosi di così...
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la passeggiata di oggi è su un percorso non frequentato da qualche tempo e la foresta se ne è riappropriata.
Passiamo grazie a un continuo lavoro di machete da parte del vice Javier
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Il tracciato subisce continue deviazioni per evitare piante urticanti (Urera baccifera) e talvolta fughe improvvise quando il capofila avvista dei nidi di vespe aggressive
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Dove sarà il sentiero?
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Torniamo al lodge con il temporale che si prepara
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sugli scalini dell'imbarcadero del lodge ci aspetta una Puma garza (Tigrisoma lineatum)
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le solite tartarughe
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Psophia crepitans, di nome Sofia
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Questo martin pescatore ha un becco spropositato
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questo frutto, di cui non conosco il nome, a detta di Javier, viene utilizzato agli indigeni come timbro per fare dei tatuaggi incruenti. Ci dice che sulla pelle si può lavare, ma che sulla stoffa è indelebile.
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Provo sulla mia camicia: ecco il risultato dopo almeno cinque mesi di bucati in lavatrice: come le macchie di sangue del racconto di Oscar Wilde (Il fantasma di Canterville) a ogni bucato il timbro riappare sempre più evidente
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Questo airone sembra un po' gobbo
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martin pescatore spettinato
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una grossa Caligo, detta farfalla-gufo per le grandi macchie che sembrano occhi.
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un grosso millepiedi, probabilmente un polidesmide, che mi fa pensare alla testuggine degli antichi romani, con i guerrieri che andavano all'assalto coperti dagli scudi
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Un bellissimo coleottero cerambicide, anche questo sembra un guerriero corazzato
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meravigliosi fiori di Aristolochia lungo il sentiero, sembrano opere di arte astratta
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La forma di questi fiori è straordinaria
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Un strana felce, o forse una Selaginella
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Fungo fallico
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Le formiche tagliafoglie (Atta) indaffaratissime con il loro bottino che portano al nido.
I frammenti di foglie vengono utilizzati come substrato per coltivare dei funghi di cui le formiche si nutrono
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Una cavalletta che sembra fatta con il righello
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bellissimo emittero, credo un reduvide
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sembra che si morda infuriata una zampa, come Farinata degli Uberti, il dantesco "fiorentino spirito bizzarro" che "in se medesmo si volgea coi denti"
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il meraviglioso giglio amazzonico Eucharis
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L'uccello-serpente Anhinga in posa
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un altro millepiedi corazzato, un po' diverso da quello di prima
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Un ragno meraviglioso che fa la ragnatela quadrata (Deinopis)
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Il ragno tesse la sua tela, ancorandola a dei rametti, quando è completata la stacca e la tiene tra le zampe aspettando una preda. Quando il pranzo è a portata il ragno lo cattura colpendolo con la sua tela appiccicosa e poi se lo sgranocchia
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Un bell'amblipigio
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Una cavalletta che fa finta di essere un insetto stecco
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Di insetti stecco ce ne sono tanti tipi diversi, questo sottilissimo
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questo più cicciottello indaffaratissimo a rosicchiare una foglia
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e questo ancora più ciccione, credo che sia un falso insetto stecco, parente delle cavallette, forse del genere Proscopia
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ovunque cavallette
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e ragni
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e ancora uno dei tantissimi insetti stecco
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Una graziosa salamandrina Bolitoglossa equatoriana
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una verdissima cavalletta con il suo lungo ovopositore
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Un ranocchietta (Dendropsophus triangulum)
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Credo che sia un Asilide, un dittero cacciatore
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Opilionide Phareicranaus con grandi cheliceri e disegno psichedelico
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Leptodactylus pentadactylus una grossa rana detta localmente "sapo toro" (rospo toro), mangia artropodi ma anche altri anfibi, rettili e piccoli uccelli
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Maschio e femmina di Omura congrua in atteggiamento affettuoso
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un bel ragno con tutti i suoi otto occhi ben visibili
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e un altro di un bel colore verde
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Hypsiboas cinerascens giovane
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La nostra permanenza in amazzonia è finita, partiamo dal campo all'alba, prima in canoa, poi a piedi, per raggiungere il grande Napo dove ci attende la barca a motore che ci deve portare a Coca, per prendere l'aereo....
Troviamo la barca con il motore smontato: dopo diversi tentativi di rimontarlo con chiavi e bulloni che ogni tanto cadono in acqua alla fine si mette in moto, ormai in grave ritardo per l'aereo
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navighiamo un po', ma poi il motore fa un ruttino e si ferma.
Ci ormeggiamo, qualche tentativo di riparazione, ma il motore è definitivamente morto.
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A questo punto decisione eroica e geniale: a motore spento e, non avendo pagaie, con l'aiuto di una canna racolta a riva (che si rompe subito) ci affidiamo alla corrente. Piccolo particolare è che la nostra meta è molti chilometri a monte, mentre ovviamente la corrente ci porta a valle.
Già ci sentiamo come Orellana che, lasciandosi portare dal fiume, dopo circa un anno arrivò all'oceano Atlantico.
Passa una canoa a motore ma va dalla parte sbagliata.
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Poi per fortuna si ferma un angelo nero con le orecchie a sventola che ci raccoglie e ci porta a destinazione.
La barca è di un compagnia di ricerca petrolifera con a bordo alcuni tecnici
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arriviamo sotto un diluvio biblico (per fortuna questa barca ha un telo di copertura, altrimenti saremmo annegati nella pioggia), ma ormai l'aereo è partito.
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in attesa di un altro volo guardiamo i bambini che giocano in piscina sotto la pioggia torrenziale
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visitiamo la città di Coca, con il suo monumento a Francisco de Orellana, lo scopritore del Rio delle Amazzoni.
La spedizione, partita da Quito nel febbraio del 1541, raggiunse il fiume Coca, e quindi, costruite delle imbarcazioni, lo discese fino al Napo e poi, seguendo il Rio delle Amazzoni arrivò all'Atlantico nell'agosto del 1542.
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A Coca c'è un interessante museo, il MACCO - Museo Arqueológico y Centro Cultural Orellana che tra l'altro espone bellissimi esempi dell'arte ceramica delle antiche popolazioni locali
Siamo abituati a pensare agli indios dell'amazzonia come a dei selvaggi primitivi dediti a una vita nomade di caccia e raccolta.
In realtà, come ci racconta Gaspar de Carvajal, che scrisse il diario del viaggio, quando Francisco de Orellana discese il Rio delle Amazzoni, trovò lungo il fiume grandi villaggi abitati da popolazioni evolute, gli Omaguas.
Gli spagnoli ammirarono la qualità delle ceramiche prodotte dagli Omaguas, che giudicarono migliori e più raffinate di quelle europee, poi li ammazzarono quasi tutti.
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Le feroci persecuzioni degli spagnoli decimarono le popolazioni del Rio delle Amazzoni e i superstiti si ritirarono all'interno delle foreste, perdendo tra l'altro la loro maestria di produttori di ceramiche
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Questa sembra un'opera di arte astratta
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In città, sui bordi della strada, fioriscono spendide orchidee
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Il malecon del Coca (Il lungo-fiume di Coca) è dotato di attrezzi per fare ginnastica
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che i paesani utilizzano con entusiasmo.
Grazie alla gentilezza e alla efficienza degli amici di Peruresponsabile riusciamo a trovare posto sul volo successivo a quello che avevamo perso e, in serata, arriviamo a Quito
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